Salvatore Gulisano, giornalista d’inchiesta di La7 in programmi dal calibro di Piazzapulita e 100 minuti, è intervenuto su Radio Roma Sound nel corso de Gli Inascoltabili, ritornando sull’inchiesta relativa a Massimo Bochicchio. Di seguito le sue dichiarazioni:
“La settimana scorsa ero in tribunale a Roma per l’udienza su Bochicchio che è stata rimandata poi di un mese: questo fa sì che gli avvocati di parte civile chiederanno di acquisire il documentario e di riaprire magari il processo, visto che l’accusa ne ha chiesto l’archiviazione. Per un’inchiesta ci si lavora tre mesi ma per questa ci ho lavorato molto di più, direi quasi un anno di lavoro con una squadra di 4-5 persone tra videomaker e redazione.
L’incidente misterioso
Scopro dell’esistenza di Massimo Bochicchio nel giugno 2022, quando leggo la notizia dell’incidente. Era già uscita un anno prima la notizia della truffa anche perché c’erano nomi importanti come Lippi, Conte… lui poi era latitante ed è stato arrestato a Giacarta. Quando avviene l’incidente, dove muore con il corpo completamente bruciato, si crea questo mito del fatto che possa non essere lui perché era irriconoscibile. Ci è voluto un mese per analizzare il dna. Le analisi però sono state fatte, ho parlato con il genetista, con il medico legale e, per quanto sia suggestibile il fatto che si trovi su un’isola caraibica, penso sia difficile.
Lo schema Ponzi
Ci sono alcuni che con lui hanno investito dagli anni ‘90 oltre 30 milioni di euro, e nonostante cominciasse a curare questi investimenti (non investendo in realtà nulla) lui è rimasto impunito perché grazie al passaparola arrivavano sempre nuovi investitori con nuove entrate: è il classico schema Ponzi. Lui dimostrava di capirci e soprattutto lavorava per la seconda banca più importante al mondo (HSBC, ndr). La cosa che mi ha affascinato, più che la questione finanziaria, era l’aspetto umano della truffa nelle persone vicino a lui e la capacità di persuasione. Tutte le persone che ho incontrato mi hanno parlato di lui come una persona capace di raccontarsi, e credo alla moglie quando dice di non essere mai stata a conoscenza di tutto”.
Difficoltà nel giornalismo d’inchiesta
Sulle difficoltà nel giornalismo d’inchiesta: “Devo dire che una volta, quando mi sono occupato di migranti, ero in Calabria e lì fummo aggrediti da un auto che cerco di investire il mio filmmaker. La cosa che mi ha colpito è stata che noi siamo andati lì molto più rilassati di altre volte perché c’erano tante auto della polizia, c’era un’inchiesta in corso, ed invece si sentivano molto padroni del territorio e consapevoli che fossero intoccabili. La prossima settimana invece io e Corrado Formigli andremo a processo per un servizio di meno di un anno fa per la casa del senatore Claudio Durigon. Non entro nel merito della vicenda perché siamo stati rinviati a giudizio ma per fortuna abbiamo delle prove, quindi siamo tranquilli”.